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La politica in televisione ha una tradizione di lunga data, ma in tempi recenti il confronto tra politici di diversi schieramenti è diventato un vero genere televisivo, con una larga fetta di telespettatori affezionati, giornalisti specializzati, format longevi e soprattutto un esercito di politici da telesalotto. Per molti anni il berlusconismo e l’antiberlusconismo hanno prodotto una quantità di scontri verbali memorabili e il pubblico televisivo ha assistito a questi confronti con l’animo del tifoso, parteggiando per il politico della propria fazione.
Negli ultimi tempi, i problemi reali portati dalla recessione sono diventati ineludibili, le polemiche futili si sono rarefatte, le tifoserie si sono sciolte e una nuova leva di politici telegenici ha fatto capolino. Oggi l’obiettivo dichiarato di tutti è di fornire risposte e approfondimento a temi reali, tuttavia gli ascolti sono in calo e la percezione verso queste trasmissioni rimane negativa, additate come pollai confusionari dove i politici si parlano addosso senza dire nulla di concreto. Per Massimiliano Panarari, docente di Comunicazione politica ed editorialista, i motivi di tutto ciò sono almeno tre. «Dobbiamo partire dall’assunto che i talk show sono comunque prodotti televisivi, e quindi rispondono alla media logic, che fa pestare sull’acceleratore del litigio e della polemica per catturare ascolti. Tuttavia c’è da notare che oggi queste trasmissioni sono molto meno caotiche e litigiose rispetto a solo un anno fa. Il secondo motivo è che quando la politica deve comunicare alle persone, deve abbandonare il politichese per mettersi a un livello pop, fruibile alla gente comune: da qui la scorciatoia delle risse da bar. Infine vi è lo scollamento tra l’opinione pubblica e la classe politica e dirigente, che appare in televisione in modo troppo autoreferenziale, senza comunicare preoccupazione o soluzioni per le drammatiche urgenze che ha la gente comune».

Credete che per i politici tutto questo sia un cruccio? Vi sbagliate. Lo conferma Loris Mazzetti, giornalista e autore televisivo. «Le apparizioni dei politici nei talk show in generale non soddisfano il bisogno di approfondimento dei temi, contribuiscono invece a creare il personaggio, che emerge in ragione di una presenza scenica che rende il politico popolare». Una conferma di questa tesi è l’ormai celebre partecipazione di Berlusconi al talk show di Santoro Servizio Pubblico. «Il leader del Pdl – spiega Mazzetti – lì non ha guadagnato consensi, ma ha dimostrato a tutti gli spettatori di non essere politicamente morto, di essere fisicamente in salute, capace di tenere la scena e mettere in ombra gli altri protagonisti della trasmissione. Del resto per molti giorni dopo non si è parlato d’altro». Ma un politico in tv, può effettivamente spostare opinione? Gli esperti sono molto dubbiosi. «Oggi che le convinzioni sono meno radicate e la delusione nella politica è molto diffusa, i talk show possono contribuire a smuovere le opinioni, ma in quantità marginali – spiega Panarari – è molto più probabile che spostamenti più consistenti di opinione li effettuino trasmissioni non strettamente dedicate all’informazione, che illustrano una visione generale e creano uno spirito che alcune forze politiche sono poi in grado di interpretare e gestire. Per fare qualche esempio possiamo citare trasmissioni di infotainment come Le Iene, Striscia la Notizia o i programmi satirici di Crozza».

A questo punto non resta che chiedersi quale sia il segreto del successo televisivo per un politico, e perché i politici che frequentano i salotti televisivi sono sempre gli stessi. Con molta franchezza, ci illumina Mazzetti: «Il politico che va in televisione a esprimere contenuti in modo educato, remissivo e corretto non buca lo schermo. Il segreto della popolarità televisiva sta nel rispondere costantemente agli inviti in trasmissione, sapersi muovere davanti alla telecamera, sapere interloquire e soprattutto contrastare gli avversari, metterli in imbarazzo, interromperli». Qualche esempio? Non si sottrae Mazzetti: «Basti pensare a certi politici del Pdl come la Santanchè: risalta molto di più quello che fa e che dice quando non è direttamente interrogata. In questo i politici chiassosi sono favoriti dalle regie e dai conduttori, perché è innegabile che i pollai portino picchi di ascolto. L’ideale sarebbe riuscire a coniugare aggressività e contenuti, in questo è un ottimo esempio il segretario della Fiom Maurizio Landini, ma non nego che anche una splendida guastatrice dagli scarsi contenuti come la Santanchè per un certo tipo di pubblico funzioni benissimo».
Presenzialismo, aggressività, sicurezza, simpatia. I contenuti restano in secondo piano purtroppo, ma forse dobbiamo ammettere che da un politico in tv il telespettatore medio non si aspetta ricette o soluzioni, perché non ci crede più. Mentre la costruzione di una popolarità mediatica rimane il caposaldo di una veloce e forte ascesa nelle gerarchie politiche degli schieramenti.

*thanks to Davide Bottazzi