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Il big bang che ha generato l’implosione del settore edile del sistema cooperativo si chiama Parco Ottavi: se vogliamo, è la madre di tutti gli errori compiuti negli ultimi vent’anni in provincia di Reggio Emilia dal punto di vista urbanistico e da parte delle coop edili. Il crollo è iniziato un anno fa con il crac di Cooperativa Muratori di Reggiolo risucchiata dal fallimento, annunciato, di quell’operazione immobiliare. La vicenda ha messo a nudo le crepe di un sistema che, probabilmente, andava riconvertito anni fa, cosa che nessuno dei manager cooperativi edili ha avuto il coraggio di fare. Ma ha anche evidenziato come il rapporto fra politica e coop edili fosse poco sano – non a caso le coop da cui la politica è rimasta lontana non hanno oggi questi problemi. Il pensiero corre agli anni ’90 e all’espansione urbanistica della città. Al boom demografico che ha vissuto Reggio e al modello di sviluppo inseguito dalla precedente amministrazione e, in particolare, al tandem Malagoli-Spaggiari. Un modello che ha consumato e cementificato territorio, immolandolo sull’altare degli oneri di urbanizzazione che entravano copiosi nelle casse del Comune. Quella stagione ha presentato il conto adesso. Ed è un conto salato. Dopo Cmr sono finite in concordato preventivo, nell’ordine, Orion, Coopsette e Unieco. Il guaio è che a soffrirne non sono solo le coop e le famiglie dei soci, ma pure tutta quella galassia di artigiani che lavorava nel cosiddetto indotto, generando un impoverimento ulteriore di una provincia come la nostra già stremata dalla crisi. Ma vediamo cosa è accaduto nell’annus horribilis della coooperazione reggiana.

In principio fu Parco Ottavi
Operazioni immobiliari sbagliate e crediti pubblici scaduti fanno capitolare le prime due importanti cooperative reggiane che, lo scorso anno, chiedono il concordato: Cmr e Orion

Nel marzo del 2012 la prima cooperativa a ricorrere al concordato preventivo è la storica Cooperativa Muratori di Reggiolo – 105 anni di vita alle spalle, 150 soci lavoratori – che getta la spugna e chiede il concordato preventivo al tribunale di Reggio Emilia schiacciata sotto il peso di 150 milioni di euro di debiti. Ma nel concordato entrano anche i 49 milioni di prestiti depositati da oltre duemila soci che se li vedranno restituire al 67%. È solo la prima delle scosse di terremoto che, da lì a poco, apriranno crepe difficili da risanare nel sistema cooperativo reggiano.
Passano pochi mesi e tocca ad Orion. Nel novembre del 2012 pure lei chiede il concordato preventivo con riserva. Qui le cifre parlano di un passivo di 342 milioni di euro e un indebitamento netto di 40 milioni, una perdita di esercizio nel 2011 di 15 milioni di euro e un fatturato di 90 milioni di euro. La società ha 243 dipendenti, che sono anche soci prestatori, per una cifra complessiva di 10 milioni di euro. Se a far capitolare Cmr è stata l’operazione immobiliare di Parco Ottavi, a far cadere Orion pesano molto le commesse pubbliche per lavori mai pagati. Soprattutto quei 17 milioni di euro di crediti scaduti che devono arrivare dalle casse della Regione Lazio inerenti sei appalti di presidi ospedalieri, uno svincolo della A12 a Fiumicino, alcuni padiglioni all’ospedale Forlanini, l’ammodernamento della Ferrovia Roma-Viterbo e un padiglione della Ausl di Palombara Sabina. Il concordato con riserva permetterà a Cmr Edile, attraverso la società Siteco srl, di acquisire cespiti e appalti Orion per un valore di circa 160 milioni. Ma tra Orion e Cmr edile si contano circa 150 lavoratori in esubero: il prezzo da pagare sarà la sparizione di due coop storiche. Al loro posto nascerà Siteco: una srl, appunto. A soccorrere Orion dovrebbe arrivare Refincoop, finanziaria partecipata da Ccpl, Coop Nordest, Coopsette e Unieco. Peccato che il denaro sottoscritto, a oggi, non superi quota 10 milioni di euro, ovvero la metà di quelli chei, a dicembre dello scorso anno, rientravano nel maxi aumento di capitale varato dalla società. L’operazione, deliberata per sostenere il concordato di Orion e consentire l’affitto del ramo di azienda, ammontava a 25 milioni di euro. C’è tempo fino a giugno per fare in modo che il capitale sociale di Refincoop passi da 41 a 66 milioni di euro tramite conferimento pro quota. Ma quello che preoccupa è che due delle società coinvolte in questa operazione, Coopsette e Unieco, sono in concordato preventivo.

Effetto domino
La voragine nell’economia reggiana si apre nei primi mesi del 2013, quando, nell’ordine, Coopsette, Ccpl, Cormo e infine Unieco gettano la spugna

Fino a qui ci troviamo di fronte alla crisi di due cooperative importanti, ma che non sono fra i principali general contractor di questo Paese: circa 400 soci lavoratori in tutto, con un debito complessivo di 500 milioni di euro. Passa qualche mese e la musica cambia perché, ai primi di febbraio di quest’anno, Coopsette ottiene il concordato con riserva. Qui le cifre fanno tremare le vene ai polsi. Il colosso cooperativo conta oltre mille dipendenti tra capogruppo e società controllate, ha lavori in tutta Italia nei comparti immobiliare, grandi opere e armamento ferroviario. L’indebitamento verso terzi è di 262 milioni di euro. Quello verso le banche di circa 300 milioni di euro, mentre è più o meno della stessa entità il debito che la cooperativa ha verso i fornitori. L’ultimo bilancio si è chiuso con una perdita di 10,5 milioni di euro. A peggiorare la situazione l’inchiesta giudiziaria sull’Alta velocità di Firenze, con ben 31 persone iscritte al registro degli indagati, fra cui sei dirigenti della coop di Castelnovo Sotto. Nello stesso periodo Ccpl, che ha chiuso cave e frantoi in provincia di Reggio, chiede la cassa integrazione per 54 dipendenti e procede a 60 licenziamenti, mentre la cooperativa Cormo di San Martino in Rio cerca una linea di credito di 4 milioni per pagare i dipendenti: l’azienda, leader nei serramenti, decide una ristrutturazione choc con cento dipendenti in cassa integrazione a zero ore su 325 lavoratori.
L’anno orribile del sistema cooperativo reggiano termina in marzo, esattamente dove era cominciato un anno prima, quando anche l’ultimo colosso cooperativo, Unieco, ricorre al concordato preventivo. Unieco è fra i dieci più importanti general contractor italiani con un montelavori 2011 di 495 milioni di euro, contro i 545 del 2010 e un patrimonio netto di 300 milioni di euro. L’utile netto è sceso da 12,7 milioni del 2011 a 7,6 milioni di euro del 2012. Conta 1.502 dipendenti, di cui 628 nella capogruppo e il resto nelle società collegate. Un indebitamento di circa 600 milioni, di cui circa 300 milioni nei confronti delle banche e altrettanto verso i creditori. La crisi di Coopsette e Unieco deriva da una mancanza di liquidità a breve termine e dal credit crunch delle banche, oltre che da appalti pubblici non pagati e da scelte manageriali che non hanno intrapreso per tempo una riconversione in un settore ormai saturo. Se Cmr e Orion sommavano 400 lavoratori con un debito complessivo di 500 milioni di euro, Coopsette e Unieco hanno 2.500 lavoratori e un debito complessivo di un miliardo e 200 milioni di euro. La crisi del sistema cooperativo reggiano apre quindi una voragine complessiva di quasi due miliardi di euro di debiti e quasi tremila lavoratori che rischiano il posto di lavoro.

L’indotto alza la voce
«Non si può ripartire con una newco come se non fosse successo nulla». Queste le parole del direttore generale di Cna Reggio Emilia, preoccupato per le aziende che devono avere dal sistema cooperativo circa 200 milioni di euro

Si potrebbe dire: è finita qui. Purtroppo no, perché c’è da considerare anche l’indotto.Queste cooperative negli anni hanno fatto da traino e coinvolto centinaia di artigiani che, a loro volta, hanno centinaia di dipendenti. Il problema vero, oggi, sono i pagamenti bloccati e i crediti congelati per centinaia di milioni che provocano licenziamenti e fallimenti in una galassia di centinaia di fornitori e subappaltatori. Solo nei primi due mesi di quest’anno il Tribunale di Reggio Emilia ha dichiarato 43 procedure, tra concordati e fallimenti, contro le 17 dello stesso periodo del 2012. Uno degli attori maggiormente coinvolti e interessati da questo fenomeno è Cna. Il direttore generale, Fabio Bezzi, è preoccupato e accusa: «Non c’è dubbio che l’approccio al settore dell’edilizia da parte delle cooperative vada rivisto completamente. Non potrà più essere lo stesso che c’era fino al 2007. I manager delle coop avevano la possibilità di vedere qualcosa in anticipo e non si sono resi conto che il fatturato, in Italia, si sarebbe ridotto. Hanno guardato all’estero troppo tardi. Imprese a quel livello di importanza devono generare parte del fatturato anche fuori. A questo si aggiunge la mancanza di innovazione». I toni di Bezzi si spiegano con i numeri della crisi dell’edilizia che sta colpendo la provincia: 1.500 imprese e circa 10 mila addetti nel mondo dell’artigianato, contando titolari di impresa, soci, lavoratori e subappaltatori. Questi fornitori devono avere dal sistema cooperativo circa 200 milioni di euro. Per quel che riguarda Siteco srl, nata da una costola di Cmr edile, che prenderà in carico i lavori di Orion, Bezzi commenta: «La newco che riparte allo stesso modo è insufficiente. In realtà non basta creare una nuova società e scaricare i debiti in una bad company. C’è un problema di strategia che va posto. Non si può cominciare da dove si è finito dopo un concordato. Non si può ripartire con una newco nella stessa direzione come se non fosse successo nulla».

La cooperazione risponde
I toni della presidente di Legacoop, simona caselli, non sono meno preoccupati e decisi: «Coopsette e Unieco non hanno chiuso. Cmr e Orion pagano regolarmente i fornitori». l’appello è all’unità

Anche Simona Caselli, presidente di Legacoop, è preoccupata per quello che sta succedendo, ma replica così a Bezzi: «Lui se la cava dando la colpa alle coop. Ma detto questo gli artigiani sono al punto di prima. Vorrei anche dirgli che Coopsette e Unieco non hanno chiuso. Per Orion e Cmr abbiamo creato una newco per tenere aperti i cantieri. Cmr edile oggi paga gli artigiani senza ritardi, se presentano documentazione regolare. Orion fa la stessa cosa. Coopsette è abbastanza avanti ed è a un buon punto nella trattativa con i fornitori. Unieco vedremo. Ha appena fatto domanda di concordato». La Caselli non si sottrae alla domanda se non pensa che ci sia stato, in passato, un intreccio troppo stretto fra politica e coop edili. «Il rapporto fra politica e mondo cooperativo? Guardi, io penso che la politica non conosca abbastanza bene le cooperative. E poi, scusi, non è che Malagoli (ex assessore all’urbanistica della giunta Spaggiari, ndr) ci abbia fatto un gran regalo con Parco Ottavi. La storia del rapporto fra politica e coop è stata vera per anni, ma da quando vivo dentro a questo sistema, diciamo a partire dagli anni ’80, ho visto spegnersi questo rapporto. È che i Comuni, per molti anni, hanno permesso di costruire molto perché si faceva cassa con gli oneri di urbanizzazione. Si sono buttati lì, perché era meno impopolare che aumentare l’addizionale Irpef». La presidente di Legacoop non crede nemmeno che vi siano stati grossi errori da parte dei manager. «È evidente – ragiona – che alcune scelte, che sono lontane nel tempo, alla luce di ciò che vediamo oggi, erano sbagliate. Quello che forse doveva essere fatto prima era di fermare o rallentare i cantieri». E conclude: «Senza un governo, uno qualsiasi, non se ne esce. A livello locale, invece, tutti gli attori della filiera, insieme alla politica e alle banche, si devono mettere insieme. Ognuno deve capire i problemi degli altri. Il tempo stringe: dobbiamo far arrivare i soldi alle imprese e tornare all’agibilità del sistema bancario».