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Cultura

Internet for Peace

Di 05/03/2010Marzo 15th, 2023No Comments

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di Caterina Tonon

La rivista Wired ha acceso un interessante dibattito sull’eventualità di assegnare ad Internet il Nobel per la Pace 2010. Per molti infatti la rete non è solo un potentissimo mezzo di comunicazione globale ma soprattutto uno strumento altamente democratico, in grado di travalicare qualsiasi restrizione di tipo politico e militare. Cina permettendo…

“Io nomino Internet patrimonio dell’umanità”. È la lapidaria dichiarazione di Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace nel 2003, che campeggia sulla copertina del numero di dicembre di Wired. L’avvocatessa iraniana ha infatti annunciato il suo sostegno alla campagna lanciata dalla rivista per candidare il web al premio Nobel per la pace del 2010. Il progetto Internet for Peace, che vede coinvolti numerosi altri ambasciatori e testimonial eccellenti come il professor Umberto Veronesi e il guru dei new media Nicholas Negroponte, nonché diverse aziende come Sony Ericsson, Microsoft, Telecom, Vodafone, Citroën, nasce dall’assunto che Internet sia non solo un potentissimo mezzo di comunicazione globale per la sua diffusione capillare, l’accessibilità e l’influenza sull’opinione pubblica, ma soprattutto uno strumento altamente democratico, in grado di travalicare qualsiasi restrizione di tipo politico e militare. Fino al settembre 2010, in ogni numero di Wired verranno pubblicate le esperienze di chi ha dato il suo contributo, attraverso la rete, alla pace nel mondo e, in collaborazione con Current Tv, sarà realizzato un videoracconto per ogni storia.

Il direttore di Wired Italia, Riccardo Luna, ha motivato così l’iniziativa: “Dobbiamo guardare a Internet come a una grande community in cui uomini e donne di tutte le nazionalità e di qualsiasi religione riescono a comunicare, a solidarizzare e a diffondere, contro ogni barriera, una nuova cultura di collaborazione e condivisione della conoscenza. Internet può essere considerato per questo la prima arma di costruzione di massa, in grado di abbattere l’odio e il conflitto per propagare la democrazia e la pace”.

L’Anhri (Arabic network for human rights information), ente non governativo di base al Cairo, ha redatto un report dal titolo One social network with a ribellious message, che offre alcuni dati interessanti sul livello di libertà nel 2009 degli utenti di internet in Medio Oriente e Nordafrica. Secondo il documento, nel mondo arabo ci sono 58 milioni di web users, 176 milioni di cellulari, 600mila blog di cui 150mila attivi. L’Egitto è il paese con più internauti, cyberattivisti e utenti di YouTube, nonché quello in cui le autorità agiscono in modo più repressivo con arresti e incriminazioni. I blogger e i social network sono considerati dai governi un nuovo tipo di minaccia meno localizzabile, mentre YouTube è vissuto come un nemico dell’integrità morale dei giovani arabi e accusato di veicolare contenuti pornografici contrari alla religione islamica. A tal proposito, il pensiero non può non andare a quanto è accaduto in Iran dopo le elezioni presidenziali del giugno 2009, e al passaparola della rivolta di Teheran, che ha rimpallato in pochi giorni più di due milioni di tweet sulle consultazioni elettorali. Come ha dichiarato Chris Anderson, direttore di Wired USA, “non c’è partita fra un account su Twitter e un fucile AK-47, ma a lungo termine la tastiera è più potente della spada”.

La candidatura al Nobel naturalmente è rimbalzata dalle pagine della rivista alla rete, suscitando reazioni contrastanti. Qualcuno sottolinea il vizio di forma per cui Internet non è una persona e quindi non può essere candidato e muove obiezioni di ordine pratico: chi ritirerebbe il premio e soprattutto chi beneficerebbe dei 10 milioni di corone svedesi (circa un milione di euro) destinati al vincitore? Altri sollevano un dubbio di legittimità, chiedendosi se sia giusto che le responsabilità e i sacrifici personali siano messi in ombra da una collettività indistinta, e fanno appello alla neutralità del mezzo: “Internet è una rete di computer, i computer sono usati dalle persone, le person”» afferma Marco Mazzei, direttore dello sviluppo Mondadori Digital, “siamo noi che la facciamo diventare buona o cattiva”.

Sul profilo Facebook di Apogeo, importante casa editrice milanese specializzata in informatica e new media, viene sollevato un ragionevole dubbio: “Dal punto di vista della modalità, oltre ai ben noti meriti contenuti nella petizione della candidatura, Internet ha anche contribuito ad aggravare il divario tra le generazioni e tra i paesi ricchi e quelli poveri. Internet infatti serve molto di più ai ricchi studenti americani che ai ragazzi delle bidonville africane o asiatiche, anzi ne acuisce il divario. Non vorrei che ci si illudesse: per navigare c’è bisogno di un computer, di energia elettrica, di una buona conoscenza dell’inglese e della capacità di farlo”.

Infine, non manca chi snocciola nomi di papabili candidati considerati più meritevoli. Uno su tutti, Michael Jackson, proposto da una studentessa in antropologia della University of California attraverso il sito Petitionspot.com, “per gli sforzi compiuti in favore degli emarginati, soprattutto bambini”. La candidatura ha raccolto subito oltre 50mila adesioni, destinate ad aumentare. Altro nominativo molto discusso è quello di Silvio Berlusconi, la cui candidatura è stata avanzata nell’aprile 2009 dal Comitato della libertà, attraverso un sito dedicato con foto in homepage del Cavaliere insieme al Papa, inno dai toni trionfalistici e una lista di motivazioni di ferro, tra cui la fondamentale mediazione tra Usa e Russia durante il G20 del 2008 per il disarmo nucleare, e la sconfitta del problema della spazzatura a Napoli. Un’altra candidatura clamorosa è quella di Fidel Castro, proposta da un comitato argentino che, sul sito cubano Cubadetabe.cu, sponsorizza il Líder Máximo per “i traguardi raggiunti a Cuba nella salute e nell’educazione […] e la drastica diminuzione della mortalità infantile”. Chissà cosa ne pensa Yoani Sánchez, la combattiva blogger sottoposta a misure restrittive e maltrattamenti da parte della polizia cubana per la sua attività di controinformazione sul blog Generación Y…