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Decolla anche in Italia il commercio digitale: aumentano numero di clienti (21 milioni, di cui 16mln sono classificabili come abituali), oltre a frequenza d’acquisto e importo medio, tanto che il 2017 potrebbe essere l’anno di maggior incremento dal 2010, raggiungendo 23,4 miliardi di valore – stando ai recenti dati presentati da Netcomm.

Il nostro paese inizia così ad allinearsi allo scenario internazionale, dove da qualche anno è diventato ormai evidente un cambio di passo per l’intero settore dell’e-commerce. Gli Stati Uniti, ad esempio, vedono i consumi digitali crescere a ritmo doppio rispetto a quelli offline, con picchi che durante il ponte del Black Friday hanno visto i consumatori online superare di 10 milioni quelli fisici (fonte: National Retail Federation). Non solo: iniziano a vedersi i primi effetti sui canali fisici – con alcune catene retail che hanno annunciato chiusure o forti ridimensionamenti (Macy’s e Limited tra gli altri).

Come gestire questo cambiamento? P101 osserva che la riconfigurazione dell’industria retail passa innanzitutto da una maggiore regolarizzazione dei canali online. Negli anni ‘90, quando internet è entrato nella maggior parte delle case, le imprese online rischiavano di essere ritenute responsabili se un utente usava i loro servizi in maniera inappropriata – ad esempio, pubblicando contenuti sottoposti a copyright o informazioni diffamatorie. Per proteggere le nuove imprese così come la libertà di espressione, nel 1996 si è aggiunta la famosa “sezione 230” al “Communications Decency Act”, che rende ancora oggi le attività online immuni da ritorsioni nei casi di torti commessi da terzi sui canali digitali. Basti pensare che Airbnb non è responsabile per le azioni di chi mette in affitto il proprio appartamento e di chi viene ospitato attraverso la piattaforma. Anche Uber si considera solo un’azienda tecnologica, che quindi non deve sottostare alle dettagliate norme che si applicano alle imprese di trasporto convenzionali.

Sebbene questa limitazione di responsabilità avesse lo scopo di proteggere il canale online e i suoi allora fragili player, oggi è oggetto di discordia, in quanto le piattaforme digitali non sono più piccole realtà, bensì soggetti in grado di cambiare le carte in tavola di intere industrie. Gli operatori tradizionali chiedono quindi che i “rivali” online obbediscano alle stesse regole che vincolano tutti gli altri, l’opinione pubblica chiede per lo meno una maggiore auto-regolazione delle piattaforme digitali e i governi iniziano a prendere in considerazione dei provvedimenti legislativi che ne limitino la sovranità.

Negli stessi USA si continua comunque ad essere ben lontani dall’eliminazione dei tradizionali canali fisici del retail: basti pensare che lo scorso dicembre a Seattle Amazon ha aperto i propri store, in cui non ci sono casse perché il pagamento avviene in automatico tramite smartphone, ma in cui il consumatore si reca fisicamente a fare la spesa proprio come al supermercato. O, ancora, le iniziative nel settore della moda, che vede sempre più aziende muovere i primi passi in rete ma poi aprire veri e propri negozi per rispondere alle esigenze del cliente di toccare i prodotto e di ricevere consigli da un esperto di stile. Insomma, non bisogna dimenticare che l’intera rivoluzione digitale ruota intorno alle necessità della persona: il retail cambia come cambia il consumatore, e il consumatore necessita (anche) di un’esperienza fisica.

come sottolinea l’Osservatorio di P101, la strada vincente per i retailer sembra quindi essere l’omnicanalità, ovvero la combinazione seamless dei canali online e offline, e la maggior parte dei rivenditori lo ha capito e fatto proprio: anche in Italia, dove l’88% dei retailer utilizza i canali digitali per supportare le fasi di pre-vendita o post-vendita, il 65% ha un sito di e-commerce e una catena e-commerce su 4 offre il ritiro degli acquisti nello store fisico. Per il 2017, si prevede che l’integrazione tra il canale fisico e quello digitale migliorerà le performance del 30%.

L’omnicanalità rappresenta la migliore strategia competitiva per i marchi Italiani e internazionali che intendono sviluppare l’e-commerce sfruttando la forza della propria rete retail. Oggi, e in futuro sempre più, canali digitali e negozi fisici devono trasformarsi in un unico ecosistema di brand, capace di rispondere in modo adeguato alle aspettative del consumatore che si informa sui prodotti in mobilità attraverso lo smartphone, li prova in negozio e infine opta per acquistarli online.

 

(A cura dell’Ufficio Studi di P101)