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“Mi rimangono solo due possibilità: o uccidermi o ammazzare qualcuno. Nel secondo caso il problema è solo da chi cominciare”. A dircelo è Giorgio Casu, artigiano edile sardo, trapiantato a Bologna, 64 anni. Parole difficili da ascoltare, che raccontano gli effetti perversi di una burocrazia eccessiva e della rigidità di applicazione delle regole in materia di riscossione dei tributi. La storia del signor Casu è tragicamente simile a quella delle diciassette signore che da nove giorni stanno facendo lo sciopero della fame contro Equitalia.

Ma partiamo dall’inizio. L’evasione fiscale è uno dei problemi principali del nostro paese, tanto che la lotta a chi non paga le tasse è ribadita come priorità bipartisan da molte istituzioni. A volte i principi di severità e intransigenza spesso invocati, si scontrano di fronte a generosi condoni e scudi fiscali, istituiti nel tentativo di fare rientrare nelle casse pubbliche una parte del capitale sottratto al fisco. Peccato che di queste misure arrivino a beneficiare solo persone che sarebbero ancora in grado di pagare per intero il loro debito e non rischiano certo l’emarginazione economica e sociale.

E accanto a questi grandi evasori, esistono le storie di piccoli artigiani o imprenditori che hanno sbagliato in passato e oggi non si trovano, e non vengono messi, nella condizione di ripianare il loro debito. Come Giorgio Casu. Tra chi si occupa di queste situazioni poco note e “al limite” c’è il movimento Anti-Equitalia, un comitato di cittadini con base in Sardegna che, con toni a volte pittoreschi, denuncia situazioni concrete, su cui una riflessione è d’obbligo.

Come suggerisce il nome, obiettivo principale del movimento è Equitalia, la società pubblica (51% Agenzia delle Entrate e 49% Inps) incaricata, dal Ministero delle Finanze, della riscossione di tasse e tributi. Secondo L’Associazione dei Vessati Italiani Solidali – questo il significato dell’acronimo, il sistema Equitalia da un lato è ingiusto nei confronti del cittadino debitore verso lo Stato, dall’altro non fa nemmeno gli interessi delle finanze pubbliche.

“Gli agenti di Equitalia ricevono provvigioni non in base a quanto riescono a recuperare effettivamente dagli evasori – ci spiega, ad esempio, il presidente Fabrizio Fadda – ma in base all’ammontare totale della cifra dovuta”. Questo sistema sarebbe quindi un incentivo a far alzare il debito del contribuente inadempiente, attraverso l’applicazione di sanzioni e interessi, indipendentemente dalla possibilità o meno di pagare (e quindi di fare rientrare il denaro dovuto nelle casse dello Stato). La conseguenza è la creazione di debiti inestinguibili, che creano situazioni di disagio ed emarginazione, con esiti talvolta tragici, senza per questo restituire alla collettività quanto dovuto dall’evasore.
Una storia emblematica è quella che racconta Giorgio Casu: una causa civile, persa, durata per cinque anni, mancati versamenti dell’Iva e dei contributi Inps e diverse multe arretrate. Non certo un quadro da cittadino modello. Il fatto è che oggi Casu vorrebbe pagare i suoi debiti, ma non può. Casu infatti possiede due immobili, uno a Bologna e uno a Cagliari, entrambi sotto ipoteca. Quello che chiede è poter accordarsi con Equitalia per togliere l’ipoteca, poter ristrutturare gli immobili grazie alle sue competenze di muratore e rivenderli, a libero mercato, dopo l’opera di valorizzazione.

A quel punto Equitalia e gli altri creditori potrebbero essere ripagati. Ma questo, in base alle norme vigenti è impossibile. Se i debiti non saranno pagati in altro modo, i due immobili sono destinati all’asta giudiziaria, dove saranno di fatto svenduti.
“Mi hanno chiamato a Equitalia e ho proposto questa soluzione – riferisce Casu – la funzionaria mi ha detto che era impossibile. Poi mi ha parlato di nuove formule di rateizzazione, ma non ha saputo dirmi neppure qual era la mia posizione! Sono stato mandato a fare la fila agli sportelli, eppure mi avevano fissato loro l’appuntamento”.

Al momento, il signor Casu non può lavorare come dovrebbe finché non regolarizza la posizione con l’Inps e non riesce a pagare tutte le rate derivate dagli arretrati e da debiti suddivisi tra Equitalia Bologna ed Equitalia Cagliari (che pur facendo capo alla stessa società, pare non riescano a mettersi d’accordo per predisporre una rateizzazione unica). Una situazione che lui paragona a una “condanna all’ergastolo” e che lo tiene ai margini della società, completamente svuotato di ogni speranza di una vita dignitosa.

È difficile quanto le accuse di Anti-Equitalia siano fondate, e probabilmente esistono argomentazioni molto ragionevoli a favore di determinati meccanismi e regolamenti. Ma fa riflettere che uno Stato capace di sostenere indulti e condoni lasci alcuni dei suoi cittadini in condizioni talmente disperate da pensare a come uniche soluzioni il suicidio o l’omicidio indiscriminato. E in questi casi, la possibilità di sanare un debito verso la collettività, diventa sempre più remota. Non è proprio il contrario di quello che un sistema di riscossione dovrebbe perseguire?

A tutelare chi ha debiti con il fisco, però, un’istituzione c’è. È il Garante per il contribuente, previsto dall’art. 13 della legge 212/2000. L’ufficio del Garante verifica eventuali irregolarità e scorrettezze compiute durante l’attività fiscale, ai danni del cittadino.
Pur precisando in modo chiaro di non essere “gli avvocati del contribuente”, i responsabili dell’ufficio del Garante si occupano di controllare ritardi nei rimborsi, tempestività delle comunicazioni, verifiche fiscali discutibili o scorrette, mancate rateizzazioni e altre possibili disfunzioni del sistema tributario, fino ad arrivare al comportamento scorretto del singolo funzionario.

A Bologna, l’ufficio del Garante si trova in via Larga 35, ed è composto dal presidente Francesco Pintor e dai due componenti Renato Tangari e Laura Zauli. Purtroppo è ancora misconosciuto: dall’ufficio riferiscono di mandare dai 200 ai 250 esposti all’anno mentre le istituzioni non sembrano particolarmente motivate a informare il cittadino sull’esistenza di questa possibilità. Eppure rivolgersi al Garante potrebbe essere un buon primo passo per evitare che la situazione di un contribuente lasciato solo e disorientato precipiti nel baratro.

One Comment

  • Crisafulli Enrico ha detto:

    Cose dell’altro mondo …surreali! Sta bene la lotta all’evasione ..ma questa è sparare sul mucchio!La vera Macelleria Sociale! L’annullamento della persona e della sua famiglia!