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EconomiaInterviste

L’impresa bella e possibile

Di 11/05/2010Marzo 15th, 2023No Comments

"Nel sistema associativo l'imprenditore non è solo nell'affrontare un problema ma può contare su una grande organizzazione guidata da imprenditori"

"Nel sistema associativo l'imprenditore non è solo nell'affrontare un problema ma può contare su una grande organizzazione guidata da imprenditori"

di Elisa Predieri

E’ il presidente di Confartigianato Imprese Reggio Emilia, nominato in seguito alla storica fusione del dicembre scorso tra le due Confartigianato che da anni convivevano nella provincia. Occhi celesti, classe 1962, sposato e padre di due figli, Rodolfo Manotti, assieme al padre e ai fratelli, guida il Gruppo PC Produzioni. “E’ sempre difficile parlare di se stessi con distacco ed obiettività…”. Così inizia la chiacchierata con lui.

Da dove viene, cosa fa e cosa sogna Rodolfo Manotti?
“Dopo il diploma in ragioneria ho iniziato a lavorare nell’azienda di famiglia, che opera nel settore meccanico-oleodinamica, all’inizio degli anni Ottanta. Mio padre Dante, che ha sempre creduto nell’importanza della ‘gavetta’ come percorso indispensabile per la crescita professionale di un imprenditore, mi ha inserito in officina, come operaio. La cura di un importante cliente estero ha permesso di fare evolvere, dal 1987 in poi, l’azienda nell’attuale Gruppo PC Produzioni che comprende sei aziende attive nei settori della meccanica, idraulica e trasporti nelle quali operano oltre cento dipendenti. Il mio sogno, che credo sia comune a molti imprenditori, è di portare le aziende del nostro gruppo verso traguardi sempre più importanti ed ambiziosi. In questo senso operiamo da tempo per aprirci a nuovi mercati sia europei che extra-europei”.

La nuova compagine unitaria di Confartigianato, da lei guidata, in un solo mese ha portato a casa un successo di tutto rispetto: una convenzione con Banca Reggiana che ha dimezzato il CDF. Cosa bolle in pentola per i prossimi mesi?
“Abbiamo allo studio molte altre iniziative nel settore del credito, ma anche dei servizi alle imprese in generale. Stiamo mettendo insieme i mezzi, l’esperienza e le professionalità di due associazioni, per creare quel valore aggiunto che ci permetterà di esprimere al meglio le potenzialità della nuova, grande Confartigianato Imprese Reggio Emilia. Per dirla con le parole del nostro Presidente nazionale Giorgio Guerrini, stiamo operando perchè ‘uno più uno faccia almeno tre’”.

Si parla molto di crisi del capitalismo per come lo abbiamo conosciuto e di una necessità di un ritorno all’Etica. Lei, nella pratica, come interpreta questa ‘nuova filosofia’ che si profila all’orizzonte?
“Le drammatiche vicende degli ultimi mesi hanno segnato un punto di non ritorno nel rapporto fra economia e società civile. Da Lehman Brothers in poi ci siamo resi conto che la cosiddetta ‘finanza creativa’ altro non è che una forma deviata e patologica di economia, che ha creato distorsioni e danni irreparabili a chi lavora per produrre sviluppo e benessere. Non dobbiamo mai dimenticare che sono le persone a fare le imprese, con i valori e le qualità di cui sono portatrici. Noi imprenditori abbiamo una grande responsabilità morale nei confronti degli uomini e delle donne che lavorano con noi per far crescere le nostre imprese. Un richiamo importante in questo senso ci viene dalle parole della recente enciclica di Papa Benedetto XVI, Caritas in veritate”.

Sollecitato su alcuni casi di concreta attualità, Manotti chiarisce molto bene cosa intende con questa riflessione. Innanzitutto il caso Fiat: milioni di euro ricevuti dal Governo e, in cambio, la chiusura di alcuni stabilimenti. Qualcosa da dichiarare?
“Come imprenditore penso che un governo abbia il dovere di sostenere le aziende sane, che operano sul territorio e contribuiscono, in modo determinante, allo sviluppo dell’economia del Paese. Questa considerazione si trasforma in indignazione quando si è di fronte ad un utilizzo anomalo delle risorse pubbliche. Le imprese hanno il dovere morale di utilizzare le risorse che ricevono dallo Stato per produrre ricchezza e creare posti di lavoro sul territorio e non per finanziare delocalizzazioni che, al contrario, producono disoccupazione e tensione sociale”.

Alcuni sindaci della nostra provincia (e non solo) hanno deciso di violare il Patto di stabilità per far fronte alla situazione di difficoltà di famiglie e imprese. Come valuta questa politica?
“Si tratta di una scelta che può essere giustificata solo se operata in un momento di eccezionale crisi come quella che stiamo vivendo. Ritengo, però, che, in situazioni normali, il rispetto del Patto di stabilità sia l’indicatore di una oculata e corretta amministrazione della cosa pubblica”.

I dati ci raccontano da un lato di un aumento spropositato di disoccupati e cassa integrati, ma dall’altro ci parlano anche di una difficoltà delle piccole medie imprese a reperire manodopera qualificata. Si può uscire positivamente da questo paradosso? “Penso che la strada maestra per uscire da questo paradosso sia la formazione. E’ proprio in questi momenti di crisi che dobbiamo utilizzare le ore di sospensione dal lavoro o di cassa integrazion per promuovere la crescita professionale dei nostri collaboratori. In questo senso condivido l’intervento della Regione Emilia Romagna che, con le cosiddette ‘politiche attive’, ha messo in campo gli strumenti formativi necessari per l’aggiornamento e la riqualificazione professionale dei dipendenti delle imprese in crisi”.

Alla tavola rotonda organizzata in occasione del Confartigianato day, il dicembre scorso, si è parlato molto di reti di impresa come strumento per liberarsi dalle sabbie mobili della stagnazione. A che punto siamo nella nostra provincia? Quali prospettive?
“Siamo ancora molto lontano dall’obiettivo che auspichiamo. Le ragioni di questo ritardo sono molteplici. Esistono ambiti di attività e compiti che necessitano di una azione coordinata fra imprese, associazioni ed enti pubblici: dalle infrastrutture necessarie all’economia locale, alla promozione del territorio, all’erogazione associata di determinati servizi istituzionali agli utenti. Dobbiamo creare una filiera che renda complementari le tante piccole e medie imprese, che oggi invece si fanno concorrenza. Un ruolo importante, in questo, spetta alle associazioni di categoria ed alla Camera di Commercio”.

In conclusione, vuole condividere con noi alcune buone ragioni per entrare in un’associazione di categoria? “L’impresa associata non è mai sola nell’affrontare i problemi e le difficoltà ma può contare su una grande organizzazione guidata da imprenditori, al servizio di altri imprenditori, che comprendono le problematiche che le aziende si trovano quotidianamente ad affrontare”.