Artista_ Sleater-Kinney
Titolo_ The center won’t hold
Etichetta_ Mom+Pop
Anno_ 2019
All’inizio degli anni Novanta, l’onda di punk femminista delle riot grrrls diede a centinaia di ragazze la forza di prendersi la scena: l’esistenza stessa di band come Bikini Kill, Bratmobile, Excuse 17, Heavens to Betsy! e Huggy Bear diventò un atto politico che andava ben oltre la musica.
L’urgenza di quella manciata di dischi è ancora intatta, e le Sleater-Kinney ne sono l’eredità più preziosa: per venticinque anni ha scritto dischi formidabili in cui voci e chitarre elettriche conversano tra loro, reagiscono l’une alle altre sospinte da una batteria impetuosa come una valanga. C’è qualcosa di estremamente potente in queste tre donne che raccontano quello che vedono a voce alta: è un suono in cui un’intera comunità – donne e persone LGBTI, soprattutto, ma non solo – ha trovato forza e si è sentita rappresentata.
Nella lunga storia delle Sleater-Kinney, però, nulla aveva mai causato reazioni forti come il loro decimo disco, The center won’t hold, e non per ragioni strettamente musicali. La polvere di stelle è entrata negli ingranaggi del trio, il suono ha virato verso toni più immediati e la batterista Janet Weiss se n’è andata a registrazioni ultimate. Che ne è stato della furia punk rock, si sono chiesti in tanti, in un disco che salta da un pop pugnace à la Cyndi Lauper a nubi Nine Inch Nails, da ballate pianistiche a toni sintetici finora del tutto inediti per il trio? Resta una capacità senza pari di raccontare il mondo con lucidità, dando un suono all’angoscia nascosta sotto alla copertina oscenamente patinata dei nostri giorni. È di questa forza che abbiamo ancora tutti un gran bisogno, anche quando – come in questo disco – si veste in modo così confuso.