Il colore bianco rimanda immediatamente alla purezza: tra colombe, gigli e neve non c’è nemmeno troppo da dilungarsi in spiegazioni. Tuttavia è interessante scoprire come il bianco e i suoi significati di purezza, si aggancino a certe parole del nostro quotidiano. Ad esempio, non tutti sanno che nell’antica Roma il dress code era qualcosa di molto serio, che andava in base alla propria posizione sociale o al proprio stato personale. La toga era testimonianza dello status di cittadinanza, ed era chiaramente vietata a schiavi, stranieri ed esiliati, ed anche il colore esprimeva un suo significato. La toga pulla (grigia o nera) esprimeva il lutto, mentre quella normale era di toni molto più chiari. C’erano però personalità che indossavano una toga particolarmente sbiancata, la toga candida; questa era riservata strettamente agli uomini politici e agli aspiranti tali, che la indossavano nel periodo della campagna elettorale. Da qui derivano i termini candidato e candidatura, che insinuano un retrogusto di purezza in un ambito – quello politico – dove la purezza è una chimera.
Alcuni dei modi di dire riguardanti il bianco, sono “andare in bianco” (essere stati respinti sul piano sessuale) o “passare la notte in bianco” (non essere riusciti a dormire). Usiamo queste espressioni senza saper dire esattamente perché, ma entrambe hanno la stessa radice che affonda, ancora una volta, nella Storia. Torniamo infatti indietro al Medioevo e alle usanze dei cavalieri. Quando s’investiva di questa nomina un cavaliere, prima della cerimonia, il giovane doveva celebrare un preciso rituale. Veniva infatti condotto in una chiesa o nella cappella di un castello, dove era catechizzato da un sacerdote sui suoi futuri obblighi, e qui lasciato in preghiera, meditazione e digiuno per tutta la notte, con addosso solo una tunica bianca in segno di purificazione. Una notte di