Le major di Hollywood che detengono i diritti di successi del passato hanno interesse a proporne il remake, sperando di ricavarne grandi guadagni. Se l’originale ha massimo vent’anni si spera che i fan dell’originale tornino in sala insieme alle generazioni più giovani; se il film è storico, si fa leva sulla fama cercando un approccio modernista, orientato verso la moltiplicazione degli effetti digitali, l’aumento esponenziale della violenza e l’affermazione del “politicamente corretto”, con attori afroamericani o asiatici, oppure attrici, in ruoli che furono appannaggio di maschi caucasici. Il risultato, negli ultimi anni, è stato questo: Conan the barbarian, con Jason Momoa, che fa sembrare Schwarzenegger un Al Pacino; Footloose e Arturo, entrambi orrendi; Straw dogs, dal Cane di paglia di Peckinpah (1971), senza vergogna; Quel treno per Yuma (2007), non male ma imparagonabile con il capolavoro omonimo di Daves (1957), non abbastanza visto. Ora, dopo Ghostbusters al femminile, grande successo, sarà la volta de I magnifici 7 con Denzel Washington, poi Ben-Hur di Bekhmambetov (probabile fiasco) e chissà che altro ancora. Tranne rare eccezioni, i remake sono operazioni pallide e senza costrutto, che dimostrano mancanza di nuove idee.