di Anna Salami
La tv analogica prende congedo. Lo fa lentamente, un po’ in sordina, una graduale uscita di scena, cominciata nel 2008 con lo switch-off in Valle d’Aosta e in Sardegna, e alla quale in Emilia Romagna si assisterà a partire dal 15 settembre a Piacenza e Parma, e dal 21 ottobre nelle restanti province. La vecchia tv lascerà il posto ad una erede dalle possibilità straordinariamente accresciute: non solo una migliore qualità del segnale e una maggiore offerta di canali (il loro numero aumenterà di circa cinque volte), la tecnologia digitale avrà dalla sua un maggior grado di interattività oltre a un minor inquinamento elettromagnetico.
Come tutti i passaggi epocali, anche questo, non avverrà in maniera del tutto indolore. Le principali difficoltà che, nell’immediato, la nuova tv ci farà confrontare sono innanzitutto di ordine tecnico. Marco Ferrari, installatore di impianti sistemi tv di San Martino in Rio a Reggio Emilia, ci spiega i passi fondamentali da seguire per il passaggio al digitale: “Innanzitutto, è necessario dotarsi di un decoder da collegare al proprio televisore, oppure acquistarne uno nuovo con decoder già incorporato. I decoder si dividono in zapper, più economici, che permettono di vedere i canali in chiaro e sono però più difficili da aggiornare, e i MHP, che danno la possibilità di vedere anche i canali in abbonamento pay-tv, di usufruire dei servizi interattivi e che aggiornano il software automaticamente”. In alcuni casi, sarà necessario intervenire anche sull’apparato ricevente: “La necessità di sostituire o sistemare l’antenna, dipenderà dalle condizioni dell’impianto – continua Ferrari – bisognerà intervenire ad esempio nel caso di impianti inefficienti, perché si potrebbero verificare episodi di ricezione di un doppio segnale, o nel caso sia presente ruggine sull’impianto”.
La tecnologia digitale richiede, infatti, alta precisione da parte degli apparecchi riceventi: “Il segnale digitale è nell’ordine di grandezza dei millivolt o microvolt, una potenza quindi molto bassa, e una piccola imperfezione può alterare in maniera significativa il segnale. E’ una tecnologia molto selettiva”. Per quanto riguarda, invece, la copertura del segnale, questa dovrà essere verificata in ogni singola zona di volta in volta. Ciò che è certo è che il digitale terrestre non riuscirà ad arrivare ovunque, tra le zone non coperte sicuramente alcuni punti dell’Appennino. In questo caso, la tv analogica sarà sostituita dal sistema satellitare che permetterà di vedere alcuni dei programmi del digitale terrestre, ma non i canali a pagamento e le televisioni locali. Per realizzare il passaggio alla nuova tecnologia, infine, un ulteriore e probabilmente più difficile passo riguarderà le abitudini degli utenti e il loro rapporto con il televisore e gli altri dispositivi: “Sarà necessario cambiare modo di pensare – conclude Marco Ferrari -: la nuova tecnologia è molto più vicina all’informatica e, come accade nel caso dei personal computer, bisognerà abituarsi ad avere spesso bisogno di un tecnico per sistemare, aggiornare, far funzionare correttamente gli apparecchi”.
Per tutelare da possibili “imbrogli” utenti che in prospettiva saranno sempre più dipendenti dall’intervento di tecnici, sono stati già attivati alcuni progetti. Uno di questi è quello di CNA antennisti, che impegna i tecnici iscritti a rispettare un codice etico relativamente ai prezzi applicati per interventi di “pronto soccorso”. Una particolare attenzione è già stata rivolta, poi, agli utenti più anziani, ovvero a coloro che maggiormente si troveranno a scontrarsi con le difficoltà di ordine tecnico-pratico. Per loro è stato pensato il progetto dei Servizi Sociali di Reggio Emilia, ideato e sviluppato in collaborazione con Coop. Savino Calabrese, responsabile dei Tavoli di Quartiere sui quali l’iniziativa è nata, ci spiega: “L’idea è quella di offrire, attraverso una rete di volontari, un supporto pratico per affrontare il passaggio alla nuova tecnologia alle persone anziane e in particolare a coloro che rischiano di non poter essere più autonome nelle loro attività quotidiane. I volontari, formati nei mesi precedenti, forniranno assistenza aiutando nella scelta del decoder, nell’installazione dell’apparecchio, nell’avviare la programmazione, ma non svolgeranno nessun tipo di attività di competenza di un’antennista. I volontari saranno reclutati a livello locale, per una questione di riconoscibilità e maggior fiducia. Il nostro obiettivo, infatti, è che non sia uno sconosciuto ad entrare in casa dell’anziano che, in ogni caso, dovrà richiedere l’intervento. Cercheremo, ovviamente, di dare all’iniziativa la maggior visibilità possibile, ad esempio attraverso una campagna pubblicitaria sulle tv locali, in modo tale che gli anziani conoscano il progetto e richiedano aiuto, ma anche in modo da reclutare più volontari possibili che potranno dare la loro disponibilità allo sportello dei Poli Territoriali dei Servizi Sociali di Reggio Emilia”.
Il progetto, al di là del supporto tecnico che intende fornire, risponde ad una strategia di più ampio respiro sviluppata dai Tavoli di Quartiere al fine di mantenere entro la soglia di autonomia persone a rischio disagio, strategia concretizzata attraverso azioni di vario tipo. “Per capire la presenza di un reale rischio di disagio sociale e poter intervenire, abbiamo bisogno di incontrare le persone, parlarci, vedere dove e in che condizioni vivono e per far questo abbiamo bisogno di trovare delle azioni-pretesto; il passaggio al digitale terrestre è uno di questi. Inoltre, bisogna tener presente che la tv è uno dei supporti alla vita degli anziani e come tale è importante facilitarne l’uso”. Secondo Giovanni Mazzoni, direttore di èTV “il fattore generazionale è sicuramente uno dei maggiori ostacoli per la piena realizzazione del passaggio al digitale terrestre, perché influenza la capacità di poter usare e sfruttare appieno la nuova tecnologia come, ad esempio, gli strumenti interattivi che questa offre”. Oltre a questo, a rendere problematico il passaggio ci sarebbero fattori tecnici. “Per come ad oggi il sistema è progettato – continua Mazzoni – non si ci si riesce ad immaginare come possa funzionare. Nell’arco della stessa giornata, infatti, l’intensità del segnale può variare anche di sei volte e, se nella tv analogica l’interferenza può essere accettata, nell’era digitale non è possibile tollerare variazioni di questo tipo, semplicemente perché rendono impossibile la ricezione”.
In ultima istanza, comunque, a determinare un compiuto passaggio al digitale, sarebbe sempre la presenza di interessi di carattere economico alla sua realizzazione. Particolarmente spinosa, infine, la questione relativa all’assegnazione delle nuove frequenze “liberate” grazie all’introduzione della tecnologia digitale, che consente di comprimere notevolmente i dati. Il metodo per la loro attribuzione, che procede per delibere emesse dall’Autorità garante nelle Comunicazioni, è stato infatti da più parti criticato: “Dare la possibilità a chiunque di far domanda e potersi assicurare una frequenza, seguendo quindi un processo di deregulation – spiega Mazzoni – non garantirà necessariamente un maggior pluralismo nell’offerta televisiva. Alla fine i grandi competitori rimarranno gli stessi. Alcuni gruppi di industriali, come ad esempio il gruppo l’Espresso-Repubblica, potranno riuscire ad entrare nel mercato ma la loro efficacia sarà in ogni caso tutta da dimostrare. Per l’attribuzione delle frequenze televisive liberate dalla tecnologia digitale, al metodo della concessione sarebbe preferibile, secondo molti, il sistema dell’asta pubblica per altro già impiegato in paesi come Germania e Stati Uniti. Questo, oltre ad un maggiore pluralismo, garantirebbe anche un non trascurabile ritorno economico per le casse dello Stato: secondo i calcoli, circa 4 miliardi di euro”.