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Alessandro_GarlassiNella gestione dei dati, noi professionisti del controllo di gestione, siamo alla ricerca di misure, indici o valori sempre più precisi, accurati e attendibili per il miglioramento delle performance delle aziende.
Ma siamo sicuri che i dati che analizziamo siano quelli giusti? Due le regole fondamentali per non farsi trarre in inganno dalle apparenze: la prima è che i valori dipendono fortemente dai punti di vista con i quali si osservano; la seconda è che, spesso, essi manifestano la loro presenza in momenti diversi da quelli da cui originano realmente.
Le view, cioè le viste di risultato, rispecchiano gli obiettivi che di volta in volta il controllo di gestione si pone. I costi utilizzati per calcolare i prezzi di vendita possono avere una configurazione molto diversa da quella utile per misurare le inefficienze di produzione o le marginalità di vendita.
Come nell’arte o nella filosofia, sono i modi con cui si osservano i fenomeni che generano valutazioni e risultati. La conseguenza è che esisteranno più modi per descrivere gli stessi fatti.
Ad aumentare l’incertezza sull’oggettività dei dati di controllo, interviene, in aggiunta, la constatazione che la manifestazione numeraria dei fatti si produce, spesso, in ritardo rispetto all’origine degli stessi, creando un possibile spostamento dei valori sugli effetti e non sulle cause dell’obiettivo di analisi.
Più i dati di controllo sono comuni e lontani dagli oggetti di analisi, più è possibile che i conti non tornino, portando a risultati sempre meno oggettivi e sempre più discrezionali.
Il controllo di gestione non è un sistema oggettivo e certo di creazione dei risultati d’impresa ma rappresenta l’unico sistema capace di interpretare, costruire e rappresentare, con logiche credibili e significative, lo svolgersi della gestione.