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big dataI Big data, ovvero i dati che le società raccolgono in varietà, volume e velocità così estese da richiedere tecnologie e metodi analitici specifici, sono uno dei prodotti più interessanti della rivoluzione digitale. Sembra che anche le aziende del nostro paese abbiano ormai compreso come l’analisi dei Big Data rappresenti una fonte di vantaggio competitivo e un fondamentale strumento di evoluzione dei loro modelli di business. Lo testimonia una nuova ricerca di Microsoft-Ipsos Mori da cui emerge che il 66% delle PMI italiane possiede competenze e strumenti per gestire le informazioni di business e il 50% prevede di investire in data analytics.

Secondo una ricerca dell’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano, nel 2015 i Big Data Analytics sono cresciuti del 34%, seguiti dalla Business Intelligence (+11%), che rappresenta la maggioranza dei volumi. Le funzioni aziendali che utilizzano maggiormente i big data sono marketing e vendite, finanza e controllo, sistemi informativi, acquisti, produzione e supply chain. Il 26% delle organizzazioni si è dotata di un Chief Data Officer, il 30% ha nel proprio organico figure di Data Scientist, anche se la responsabilità degli Analytics in maggioranza resta al CIO o altro decisore IT.

Tuttavia, spesso sembra esserci un impasse su come mettere a frutto le informazioni preziosissime fornite dai Big Data, una volta raccolte e analizzate. Infatti, le imprese italiane hanno compreso l’importanza di estrarre insight dai dati, ma sono ancora lontane da strategie di business “data driven”.

Secondo un’analisi di McKinsey, sfruttare appieno i dati e le analisi richiede tre capacità: in primo luogo, le aziende devono essere in grado di identificare, unire e gestire più fonti di dati. In secondo luogo, hanno bisogno della capacità di costruire modelli avanzati di analisi per la previsione e l’ottimizzazione dei risultati. Terzo, e di fondamentale importanza, il management deve saper creare una strategia chiara per sfruttare i dati, in modo che questi effettivamente portino a decisioni migliori. Insomma, ormai non è più sufficiente analizzare i dati in un’ottica di sola misurazione: serve anche una parte di analisi predittiva che supporti le decisioni dell’impresa, in quanto vero valore sta proprio nell’informazione che è nascosta in questi dati: un’azienda deve essere in grado di avere una strategia di raccolta, elaborazione e utilizzo proattivo del dato.

Una strategia basata sulle informazioni reali è una strategia che non ha paura di cambiare in corso d’opera. Applicazioni virtuose di data driven marketing strategy sono ad esempio quelle che nel retail permettono – a partire dall’analisi di vendite e altri dati in store – di ricavare actionable insights, che vengono poi utilizzate per modificare la strategia quasi in tempo reale, oppure quelle che permettono l’utilizzo di software tools finalizzati al monitoraggio dei prezzi dei beni di consumo venduti online, con la conseguente possibilità di reindirizzare la pricing strategy.

Adottare strategie data driven significa quindi cambiare il modo in cui le aziende si organizzano internamente: incoraggiare le imprese a mantenere un ciclo continuo di interazione con i propri clienti, continuare ad imparare ed evolversi seguendo le esigenze dei clienti.

 

A cura di Giuseppe Donvito, partner di P101