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La legge formulata nel 1965 da Gordon Moore, direttore della ricerca presso la Fairchild Semiconductor di San Jose in California, afferma che il numero di transistor in un chip di microprocessore raddoppia circa ogni due anni – generalmente, cioè significa che anche le prestazioni raddoppiano.

Tale regola nacque dall’osservmicrochipazione dell’evoluzione tecnologica e a un certo punto i produttori di microchip decisero di adottarla e rispettarla. Dal 1990, infatti, l’industria dei semiconduttori ha rilasciato ogni due anni una road map per coordinare il lavoro di ricerca e sviluppo dei costruttori di microchip, e permettere all’industria del software e al mercato di avere il tempo per assorbire ogni nuova generazione di dispositivi. Tale strategia prende il nome di More Moore.

Ebbene, dal mese di marzo 2016 la Legge di Moore non sarà più rispettata. Il motivo è semplice: entro il 2020 verrà quasi sicuramente raggiunto il limite dei 2 3 nanometri per la dimensione dei componenti sul chip. Oltre quel limite, il comportamento dei transistor sarà dominato dall’incertezza quantistica e quindi sarà totalmente inaffidabile.

Cosa conterrà quindi la prossima road map? Seguirà una nuova strategia, detta More than Moore, secondo la quale, anziché migliorare i chip e lasciare che le applicazioni evolvano di conseguenza, si parte dallo stato dell’arte delle applicazioni (da quelle per smartphone a quelle pensate per essere eseguite nel Cloud) e si pensa a quali caratteristiche debbano avere i processori che le supporteranno.

L’innovazione continuerà, ma sarà quindi guidata dalle esigenze delle applicazioni. Si avranno chip dedicati alle reti di sensori e chip maggiormente adatti ad un mondo in cui l’elaborazione è sempre più di tipo mobile.