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Mancava solo la ratifica da parte della Duma, puntualmente arrivata lo scorso 10 luglio, a sancire il definitivo ingresso della Russia nel Wto. Definire tortuoso il cammino che ha portato a questo storico momento è a dir poco un eufemismo: sono serviti 18 anni di negoziati prima che l’apposita commissione desse finalmente il benvenuto alla Russia, con grande soddisfazione da parte del tandem Putin-Medvedev. Con un Pil di circa 1.500 trilioni di dollari e un volume commerciale pari a circa il 2% di quello mondiale, la Russia era l’unico stato del G20 a non essere ancora membro del Wto. Essendo l’Italia il terzo partner commerciale della Russia, il suo ingresso nel Wto ha implicazioni rilevanti per il nostro sistema economico. Le prospettive paiono favorevoli: un mercato di più facile accesso, in primo luogo; ma anche meno lungaggini burocratiche, fino a oggi vera e propria piaga per chi ha fatto affari in Russia; in generale, un business environment più regolamentato e quindi, teoricamente, più affidabile. Spetterà però al governo e al presidente Putin implementare le disposizioni previste dall’ingresso nel Wto… E su questo aspetto qualche dubbio sorge: la transizione verso un sistema economico come quello previsto dagli accordi Wto non sarà indolore, specialmente nel breve periodo, e le resistenze di quegli interessi che saranno inevitabililmente colpiti potrebbero causare più di un problema. Anche la corruzione, radicata nel sistema russo a tutti i livelli, sarà un serio ostacolo. Tuttavia, nel lungo termine, il libero mercato non potrà che rendere più efficienti quei settori che ancora oggi dipendono quasi esclusivamente da sussidi statali – l’agricoltura, in primo luogo – e l’intero sistema produttivo russo non potrà che uscirne più moderno, efficiente e competitivo. La partita è aperta.