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Cultura

La compagnia degli Arzan!

Di 11/08/2010Marzo 15th, 2023No Comments

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di Caterina Tonon

Arzan! nasce da un’idea di Olivier Manchion, musicista parigino trapiantato a Reggio Emilia, che nel suo cursus honorum vanta la fondazione di due importanti gruppi post-rock, Ulan Bator e Permanent Fatal Error, e collaborazioni con artisti come Faust e Damo Suzuki. Fu il tour italiano di Suzuki nel 2002 a gettare le basi per Arzan!. Racconta Olivier: “Nel 2008 organizzai un concerto al Calamita di Cavriago, sul palco eravamo una dozzina. A Roberto Fabbi dei Teatri di Reggio piacque l’idea di questa ‘gang’ reggiana e mi propose di trasformarla in un progetto per l’edizione 2009 del festival REC da lui curato”.

È Fabbi a raccontarci il seguito: “Il festival Aperto/REC è una manifestazione di musica, danza, arti visive e performative. Ospita e produce artisti nazionali e internazionali, il cui tratto comune è lo spirito di ricerca, critica e sperimentazione. In questo contesto mi è sembrato giusto coinvolgere anche esperienze del territorio con caratteristiche coerenti con il festival”. Da qui la nascita di Arzan! un ‘supergruppo’ composto da membri delle band più significative del rock indipendente di base a Reggio. Il gruppo si esibì all’interno di REC nel novembre 2009. Osserva Fabbi: “La serata andò bene, e mi convinsi che il loro incontro aveva potenzialità che meritavano ulteriori sviluppi”.

Oggi Arzan! è un ‘collettivo aperto e democratico’ rappresentativo della scena musicale reggiana indipendente: l’idea è quella di un laboratorio cittadino, legato a REC, in cui sperimentare. Ne fanno parte, oltre a Manchion, gli Offlaga Disco Pax, i Giardini di Mirò, i Julie’s Haircut e il giovane cineasta Marco Righi. “Per armonizzare le varie voci all’interno del collettivo” spiega Enrico Fontanelli, “basso, casiotone, pensiero debole, etc” degli Offlaga, “è necessario stabilire ruoli complementari, in modo da rendersi agili dal punto di vista organizzativo e dare forma a una coesione creativa che si arricchisca delle diversità portate in dote da ognuno degli elementi. Servono teste pensanti disposte ad ascoltare le idee altrui”. Gli fa eco Luca Giovanardi, chitarrista e voce dei Julie’s Haircut: “Sono le differenze la linfa vitale di Arzan!. È il motivo per cui mi sento coinvolto dal progetto: la possibilità di collaborare in questo laboratorio ci fa esplorare territori che normalmente non toccheremmo”.

Arzan! rappresenta una vera opportunità per il territorio reggiano, un tempo terreno fertile per esperienze musicali importanti (una su tutte quella del Consorzio Produttori Indipendenti, gloriosa etichetta discografica che ha cessato la sua attività nel 2002), ma che attualmente sembra offrire poche occasioni per fare musica. “A differenza delle città vicine, a livello musicale Reggio conta una quantità di gruppi che, fatte le debite proporzioni, farebbe impallidire New York” sostiene Jukka Reverberi, chitarrista e voce dei Giardini di Mirò. E prosegue: “Nel panorama indipendente, qui da noi si sono formati alcuni tra i più grandi gruppi e musicisti di sempre. Parliamo di esperienze di nicchia, che però hanno saputo proiettarsi sul piano nazionale e internazionale, dove godono della considerazione della critica e di un buon riscontro di pubblico. A Reggio invece manca proprio un pubblico. Forse è la parabola della piccola provincia invidiosa, o forse più semplicemente si è sbiadita la cultura che portava la gente ai concerti”. Olivier rincara la dose: “Chi sostiene che la scena musicale reggiana è attualmente morta forse ha ragione. Sarei felice se Arzan! acquisisse un senso “sociale” in questi termini. Ma dovrebbe accadere con musicisti più giovani”.

Il filo conduttore della prossima edizione di Aperto/REC sarà il tema del lavoro. “Questa tematica – afferma Corrado Nuccini, chitarrista e voce dei Giardini di Mirò – è antica, complessa e stratificata, ma al contempo attuale e bruciante. È difficile dire qualcosa di significativo, speriamo di farcela”. È inevitabile chiedersi se questi artisti vivano la musica come una responsabilità. Olivier ne è convinto: “Di fronte al nulla imbarazzante proposto da media modello Mtv, la responsabilità è grossa. Se ne hai voglia, certo. Ma io tenderei a escludere, proprio per lo spirito di Arzan!, quelli che non hanno questo ‘problema’ in testa. Non ho assolutamente più il tempo di cazzeggiare quando ho una chitarra in mano”. Lo conferma Jukka: “Fare musica è soprattutto un piacere, ma anche una responsabilità. Quando ti discosti dai percorsi tradizionali, dai un contributo”. “Lo studio sul concetto di lavoro – spiega Luca – è molto interessante per noi: oggi essere un musicista non equivale ad avere un lavoro. Il 95% dei musicisti per campare deve conciliare la propria vita artistica (di per sé totalizzante) con un mestiere che dia una certa sicurezza”.

Vivere di sola musica è il grande sogno cui ogni artista ambisce, ma oggi in Italia sembra utopia. Lo conferma Olivier: “L’unica possibilità è essere sempre in tour. Questo spiega perché alcuni fanno molti dischi senza necessariamente avere cose da dire: non ci si può permettere che si fermi il processo uscita-del- disco-tour-nuova-registrazione”. Secondo Luca, invece, vivere di sola musica è possibile, “ma dipende dalle esigenze che uno ha. Preferisco vivere sotto la soglia della povertà o avere una vita che reputo dignitosa? Io ho scelto la seconda via e mi sono inventato un altro lavoro, ma la mia è una vita molto impegnativa dato che non sono disposto ad allentare di una virgola l’impegno sulla musica”. Bisogna sottolineare che la scena musicale è cambiata profondamente, anche dal punto di vista delle etichette. Spiega Jukka: “I Giardini sono in giro da dieci anni e in Italia invecchiare fa comodo. Ci siamo limitati a produrre la nostra musica, abbiamo preso contatti all’estero senza porci il problema della classifica italiana. Ora continuiamo a pubblicare dischi, anche in vinile, collaboriamo con artisti stranieri. Cercare etichette alternative a quelle italiane non è semplice, è una grossa fatica. In sostanza, non puoi pensare solo alla canzone, ma devi concentrarti sul gruppo in ogni sua declinazione. Noi lavoriamo sui video, in teatro, facciamo dei reading, ci apriamo ad altre esperienze”.

Diversa ma altrettanto interessante è la posizione di Enrico: “Gli Offlaga sono ancorati alle vecchie modalità, con il vantaggio di riunire quasi in un unico interlocutore etichetta, distributore ed editore. Per dare l’idea, in cinque anni abbiamo venduto più di mille copie in vinile, ma ancora non usufruiamo di una distribuzione digitale. È indubbio che col tempo le forme si debbano adeguare, ma non è eticamente né materialmente possibile calpestare la storia”. Per Corrado è comunque importante “guardarsi intorno, tenersi informati sui cambiamenti. La rete ha rivoluzionato tutto, quindi tanta della nostra attenzione si è rivolta al web e agli strumenti di diffusione che offre. Per il resto la musica si fa sempre col cuore, quello ancora non è su eBay”.