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Interviste

La salute prima di tutto. Anzi no, prima i caplètt!

Di 08/07/2010Marzo 15th, 2023No Comments

"La frontiera che ho abbattuto? L'idea che fosse impossibile unire artigianalità e industria. La risposta sta tutta nei miei cappelletti"

di Maria Chiara Marchi

Presidente di Reggiana Gourmet, Vice Presidente provinciale di CNA Reggio Emilia, 53 anni e non dimostrarli, Mirco Salsi è “l’uomoches’èfattodasolo”. Gli studi, l’esperienza nella grande azienda come responsabile in varie divisioni aziendali, l’entusiasmo, l’ambizione di potercela fare e l’energico piglio imprenditoriale, l’hanno portato a credere in un’idea e costruirla giorno dopo giorno con passione.

Da dove e quando nasce la passione per la materia “caplètt”?
“Ho sempre avuto la passione per la buona tavola e sono molto curioso di cibi di tutti i tipi. Sono perito industriale in tecnologie degli alimenti. Ho lavorato in ACM (cooperativa di macellazione) e dopo 10 anni, ero diventato quadro intermedio. Nonostante avessi raggiunto una buona posizione, sentivo il bisogno di fare qualcosa per conto mio e così ebbi un’intuizione: avevo capito che iniziava a scarseggiare il tempo e la voglia di fare la pasta ripiena in casa e così capii che ci poteva essere un mercato. A 30 anni, mi sono messo in società con due persone (marito e moglie) che avevano un piccolo laboratorio sotto casa, a Bagnolo, e insieme abbiamo iniziato a produrre pasta ripiena per ristoranti e negozi. Quando fondai la nuova società, gli ex colleghi venivano a trovarmi e mi guardavano mentre bollivo carni, infarinavo i tortelli e grattavo il Parmigiano. Mi dicevano ‘Ma te tè mia nurmèl!’. Poi, quando la mia piccola società prese il volo, cambiarono idea e cominciarono a dirmi ‘Ma io lo sapevo che te avresti fatto strada!'”.

Qual è il prodotto che la rende più orgoglioso?
“Il caplètt in assoluto. Soprattutto perchè sono riuscito a dargli una forma più simile a quelli fatti a mano: ho inventato uno stampo che anziché pinzare i lembi del cappelletto, li mette uno sull’altro, come quelli fatti a mano (mi ha aiutato la mia grande passione per la meccanica). Pensare alla pasta fresca e ai suoi magnifici derivati richiama alla mente la nonna che tira, con tanto amore, la sfoglia”.

Voi però non avete mica le nonnine. Come coniugate il rispetto dell’ars caplettiana con la necessità di produrre in grandi quantità?
“Qualità delle materie prime e rispetto dei tempi e processi di produzione. Se lo stracotto deve cuocere 6 ore io non lo cuocio per meno tempo. Se il formaggio lo devo grattuggiare internamente non lo compro già grattugiato. Qualità è fare esattamente quello che facevo in laboratorio 22 anni fa ma con l’aiuto di macchine che abbattono i costi e permettono di essere più competitivi. Qualità significa avere l’anima artigianale e la testa industriale”.

La pubblicità degli ultimi anni ha riscosso un grande successo. Ma è proprio vero che “seinsa caplètt l’è mia nadeèl”?
Le tradizioni sopravvivono o ci stiamo culinariamente americanizzando?
“La maggiore soddisfazione la provo quando sento dire da amici e conoscenti che i loro figli vogliono mangiare tortelli di erbette e di zucca, cappelletti e ancor più quando a volerli mangiare sono famiglie non autoctone”.

I consumatori ripongono la loro fiducia nella qualità dei vostri controlli. Sono severi?
“Assolutamente sì. Con l’industrializzazione voglio fornire competitività di prezzi, costanza della produzione e garanzia di igiene e salubrità del prodotto. Siamo certificati Coop Italia, Nestlè, IFS, BRC. Ormai abbiamo la patente per servire in tutto il mondo”.

Utilizzate solo materie prime italiane?
“Sempre per i prodotti venduti in Italia. Se invece i prodotti vengono esportati e il mercato richiede un prezzo e dei particolari ingredienti, noi ci adeguiamo alle loro esigenze”.

Che distribuzione hanno i vostri prodotti?
“In Emilia lavoriamo tantissimo con i prodotti specifici di ogni provincia. L’acquisto di più macchine ci ha permesso di arrivare anche sul mercato internazionale. Esportiamo in Francia, Austria, Irlanda, Dubai, Slovenia, Svezia. Da 5 mesi esportiamo in Canada e il nostro obiettivo è di esportare sempre di più”.

Com’è nata la collaborazione con Moreno Cedroni? Quali sono stati i risultati?
“Abbiamo un consulente di direzione (e amico), Scrinzi, che conosce Cedroni. E’ stato lui a proporre di fare un prodotto di altissima gamma (siamo i primi in Italia) che ha il nome di uno chef noto sulla propria etichetta. L’idea è nata per cercare di fare qualcosa di altissima qualità anche per cogliere le necessità della grande distribuzione (sempre assetata di novità). Così abbiamo dato vita ad un co-brand con Moreno Cedroni, lo Chef della Madonnina del Pescatore, dando vita ad un prodotto da chef alla portata di tutti e dimostrando di saper lavorare ad alti livelli. Cedroni ha messo a punto delle ricette con prodotti di alta gamma che si prestassero ad essere fatti con le macchine. Abbiamo accettato la sfida, non facile, perchè certe materie prime come il formaggio di Fossa, possono variare di sapore da una partita all’altra… E qui subentra il gioco di squadra. Ai miei dipendenti dico sempre: per fare un prodotto di alta gamma ci vuole una squadra di alta gamma”.

Se potesse esprimere 3 desideri…
“La salute prima di tutto. Riuscire a mantenere un bel clima tra i dipendenti nonostante i ritmi di lavoro che aumentano per rimanere competitivi e, infine, prosperità per l’azienda”.

Il motto delle giornate “nere”?
“Non commettere l’errore di cedere alla sfiducia dopo una giornata di delusioni”.

Reggiana Gourmet ha raggiunto la piena maturità. Dopo 22 di attività quali sono le nuove sfide?
“Diventare più flessibili, riuscire a raggiungere nuovi mercati con nuovi prodotti, nuove tecnologie. In poche parole fare innovazione continua! Fare del cambiamento la nostra missione. Non possiamo fermare il mondo, l’unica chance che abbiamo è quella di adattarsi e intuire dove stia andando, e non reagire dopo”.

La giornata tipo?
“Sveglia alle 7, arrivo al lavoro alle 8, se non ho degli impegni esterni con il direttore commerciale, mi confronto con il direttore di stabilimento in azienda, con gli acquisti, ho mio figlio che lavora qui con me ed è affascinante passare a lui tutte le mie conoscenze, controllo le mail, si parla di idee nuove, investimenti… Le mie giornate sono sempre molto diverse. E poi mi ‘tocca’ assaggiare una-due volte al giorno, nuovi prodotti, nuove materie prime… ‘spilucco’ in continuazione! (ride, ndr)”.

Passioni extra lavorative?
“Nel tempo libero faccio sport: palestra, mountain bike, trekking. Da giovane avrei voluto avere un pomeriggio libero alla settimana per fare l’allenatore di calcio e sono riuscito a realizzare anche questo sogno, perchè alleno i miei collaboratori, sono il loro coach. Io credo moltissimo al coaching motivazionale. Le persone devono essere coinvolte nelle decisioni e strategie aziendali, hanno bisogno di essere motivate e questo non dà risultati solo nel loro entusiasmo ma ne risente positivamente anche la produttività”.

La soddisfazione professionale più grande?
“Non mi rendo conto a volte, ma sono a capo di un bell’oggettino… Lo realizzo raramente, quando ci danno dei riconoscimenti. Lo faccio per passione e non mi guardo indietro”.

E quello personale?
“Pensare che l’azienda funziona anche quando non ci sono”.

I gruppi che le danno la carica?
“Barry White, Bee Gees, Yannì e musica lounge tipo Cafè del mar”.

Mirco Salsi: un uomo che…?
“Cerca di vivere in armonia con se stesso”.