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Economia

A.A.A. cercasi tecnici disperatamente

Di 13/04/2010Marzo 15th, 2023No Comments
Unemployed Worker_opt

Il fango è la materia prima con cui sono fatti gli uomini e in cui Dio soffiò lo spirito secondo il racconto biblico

di Anna Salami

La formazione tecnico-professionale, ovvero, l’apprendimento orientato  al “saper-fare”. Una risorsa ancora troppo poco valorizzata,  ma di indubbio valore strategico per le imprese e dal futuro promettente.  Una cosa che non potremo lasciare in eredità ai nostri posteri sarà l’idea di aver vissuto in un’epoca di carente offerta formativa della quale poterci nutrire. Master, corsi di laurea, corsi di specializzazione, di professionalizzazione, a pagamento o finanziati, per giovani e per adulti, organizzati da università, centri di formazione pubblici o privati: le opportunità per formarsi e per continuare a formarsi non mancano. E se la formazione è da tempo riconosciuta come una leva fondamentale su cui agire per favorire lo sviluppo economico, sul suo ruolo benefico si insiste ancor di più nei periodi di crisi. Lo dimostrano i tanti programmi dedicati messi in atto nell’ultimo anno per sostenere il rilancio dell’economia.

Un esempio, quello promosso la scorsa estate dalla regione Emilia Romagna nell’ambito del “patto per attraversare la crisi”: 24,5 milioni di euro messi a disposizione di imprese e lavoratori per rafforzare le competenze attraverso progetti di formazione professionale. Da quello che alle volte rischia di diventare un mare magnum, nel quale potersi facilmente perdere, emergono alcuni cruciali interrogativi. Innanzitutto: quale formazione? Quale tipo di preparazione serve alle imprese e a chi è alla ricerca di un lavoro? In quali percorsi occorre investire? Una riflessione su questi temi si rende indispensabile soprattutto in considerazione della mancata corrispondenza tra domanda e offerta formativa che ormai da anni viene messa in evidenza da ricerche ed esperti del settore.

“Sento di poter confermare questa incongruenza – afferma Giuseppe Pezzarossi, direttore di IFOA. Come indicano, infatti, i dati dell’ultimo rapporto Excelsior, l’indagine annuale di Unionecamere su domanda di lavoro e fabbisogni professionali e formativi espressi dalle imprese, esiste quello che gli esperti chiamano un mismatch tra domanda e offerta formativa. Ci sono quindi da un lato persone formate che non trovano impiego e dall’altro aziende che non trovano persone da poter inserire nel proprio organico perché non corrispondenti ai profili di cui necessitano. Il dato interessante è che la situazione si conferma anche in questo periodo di crisi. In particolare, ciò che le imprese sul nostro territorio lamentano è la mancanza di figure professionali-tecniche”.  Secondo i dati del Sistema Informativo Excelsior per il 2009, la mancata corrispondenza tra domanda e offerta si fa particolarmente accentuata nel caso dei diplomati tecnico-professionali: a fronte dei 158.700 in ingresso nel mercato del lavoro nel 2009, il mondo economico-produttivo esprime una domanda di 212.400. Questa discordanza non interesserebbe, invece, i laureati nel complesso: 153.000 quelli richiesti dal mercato, 159.000 quelli in ingresso, con uno squilibrio di 5.500 unità in esubero – dato questo che, tuttavia, cambia se si considerano le materie scientifico-ecnomiche per le quali si registra una domanda inevasa pari a 27.000 laureati.

Ma a quali fattori può essere ricondotta la mancanza di figure adeguatamente formate per il mercato del lavoro? In parte, alla scarsa attrattiva che la formazione tecnico-professionale ha saputo esercitare sui giovani negli ultimi anni. Come si legge nel “Rapporto sul futuro della formazione in Italia” presentato lo scorso dicembre: “In generale, in Italia è particolarmente accentuato il problema della palese contraddizione che vive l’istruzione tecnica e professionale. Il mercato del lavoro e il sistema produttivo cercano intensamente questi diplomati, mentre si assiste a un vistoso calo (negli ultimi quindici anni) nel numero di iscrizioni, frutto di una generale sottovalutazione della cultura tecnico-scientifica e dei saperi tecnico-operativi”.  Rivalutare e rendere la scuola superiore tecnico-professionale più attraente per i giovani è uno degli obiettivi dichiarati dalla riforma scolastica che sarà attivata a partire dal prossimo anno.

GianCarlo Bellei, Presidente della Fondazione regionale geometri dell’Emilia Romagna che lo scorso mese proprio all’istruzione tecnica e alla riforma della scuola ha dedicato un convegno, commenta: “Il Ministro ha insistito nel sostenere che gli Istituti Tecnici non saranno una scuola di serie B, ma avranno pari dignità dei licei con il determinante passaggio da un approccio quantitativo ad uno qualitativo che mi sembra lo spirito di base della riforma. Questa presa di coscienza da parte di tutti gli attori in gioco (studenti, genitori, dirigenti scolastici, docenti) può diventare la molla capace di riavvicinare i ragazzi usciti dalle scuole medie inferiori agli Istituti Tecnici. La riforma, inoltre, può essere maggiormente attraente per i giovani in quanto rende gli Istituti Tecnici scuole dell’innovazione permanente grazie ai laboratori ed agli stage”.  Un altro fattore al quale può essere ricondotta la generale mancanza di figure rispondenti alle esigenze del mercato – che sempre secondo i dati Excelsior non coinvolge soltanto le più richieste figure high skill ma anche quelle low skill – è la scarsa lungimiranza di alcune aziende, non sempre disposte a investire nella formazione dei propri dipendenti.

Secondo Mario Angelo Mazzei, direttore del Centro Professionale Bassa Reggiana: “Spesso si privilegia la formazione alta e non si tiene conto della formazione professionale di base, sebbene il mercato la richieda. E’ da anni che osservo questo fenomeno: continuano a nascere e a diffondersi i migliori Master per la gestione e la creazione di imprese, ma alla fine manca la formazione indirizzata a chi sta alla produzione”. Far fronte alla generale incongruenza che interessa formazione e mercato del lavoro è l’obiettivo che si propongono le “Linee Guida per la Formazione 2010”, documento sottoscritto da Governo, Regioni e parti sociali lo scorso febbraio. Anche qui viene ricordata ancora una volta l’importanza di rivalutare il sapere tecnico-professionale che, come ci fa osservare Giuseppe Pezzarossi, non dovrebbe essere concepito come contrapposto ad altri tipi di conoscenze: “La formazione professionale, ovvero quella del saper fare, ha un valore importante. Uno va all’università ed esce con un grande patrimonio di conoscenze; poi però è importante imparare anche il saper fare. Esiste dunque una complementarietà tra sapere e saper fare, una complementarietà che fa bene alle persone e anche al mercato”.